L'alba è un massacro Signor Krak, Thomas Tsalapatis

Traduzione da: neogreco - Traduzione di Viviana Sebastio - EditoreXY.IT

La dimensione teatrale di Thomas Tsalapatis
di Dimitri Deliolanes


Thomas Tsalapatis è in primis un autore di teatro. È anche un performer che ama stare sul palcoscenico e recitare in una delle sue tante stand up comedy. Ma è anche un poeta che declama le sue poesie. Il suo rapporto con la scena è fondamentale, lo ammette nelle sue interviste e lo sottolinea la traduttrice e curatrice Viviana Sebastio nella sua esauriente presentazione.
Al centro del lavoro di Tsalapatis c’è il testo; la scena è il luogo magico in cui, in una teofania laica, il testo si rivela. Le parole rinchiuse in un libro magari si conservano più a lungo, ma alla fine il loro destino, la ragione per la quale sono state scritte, è di evadere dalle pagine e acquisire vita, diventare phoné.
Tsalapatis, insomma, è comunicazione più orale che scritta, rivolta a un pubblico preciso, non indistinto e atomizzato come il lettore del libro. Non a caso nel volume di cui ci stiamo occupando è compresa una storia autosarcastica con i libri della biblioteca che di notte chiacchierano tra di loro e le opere di “Henri Michaux, Daniil Charms e Pierre Bettencourt (che) accusano Thomas Tsalapatis di plagio”.
Se non si tiene conto di questa dimensione teatrale, di questo rapporto immediato con il pubblico, molto antico e molto classico, potrebbero forse sorgere difficoltà nell’accedere ai testi di L’alba è un massacro signor Krak, (Traduzione di Viviana Sebastio, Editore XY.IT). Un libro smilzo ma acuto e pungente come un pugnale.
In primo piano va messo il particolare peso della cultura teatrale in Grecia. Attualmente ad Atene, Pireo e dintorni sono in attività più di mille teatri, grandi e piccoli, incluse le rappresentazioni estive di altissimo livello all’anfiteatro di Erode Attico sotto l’Acropoli. Il cinema greco raramente splende, ma il teatro vive un’eterna giovinezza, permettendo così al nostro poeta di muoversi sul palcoscenico con grande disinvoltura.
I testi di questo libro sono chiamati dall’autore stesso poesie, ma il termine va interpretato in senso molto largo. Per la verità, di versi veri e propri è stata arricchita l’edizione italiana, in un’intelligente operazione di bilanciamento che ne ha quasi raddoppiato le pagine. L’originale in lingua greca contiene principalmente testi in prosa poetica, che rimandano al tanto amato Nanni Balestrini, con i suoi blocchi di poesia in prosa a scorrere liberi senza punteggiatura.
Tsalapatis la punteggiatura la rispetta, non è detto che conosca il Gruppo 63 ma sicuramente ha un’altra concezione delle avanguardie, più graffiante e meno stilistica. Per lui il gioco artistico va più nella direzione, si parva licet, di un Topor, di un Buñuel, di un Breton. Per rimanere in terra ellenica, verso i grandi poeti surrealisti come un Andreas Embirikos, oppure di un premio Nobel come Odysseas Elytis, come con acutezza segnala la curatrice e traduttrice. E scusate se è poco.
L’elemento in comune tra i giganti appena nominati e il giovane Tsalapatis è lo stesso spirito ribelle, sovversivo, indisciplinato, che gioca allegramente con l’assurdo e vuole épater le bourgeois nel gioco crudele dell’evocare, senza pietà, la perenne assenza di senso che ci circonda. “Il poeta greco agisce attraverso una lingua antipoetica, essenziale, scevra da lirismi. Talvolta – volutamente è ovvio – aggressiva, rapida, grezza e ripetitiva, quasi a voler generare un krak, una fenditura, nello stato di inquietudine esistenziale, di solitudine ossessiva, di disgregazione sociale che ci circonda”, scrive nella sua introduzione la Sebastio. Ed eccovi un assaggio:
“Ogni estate vado con mia moglie in vacanza in Bulgaria a far saltare ponti, di ogni genere e a buon mercato. Mi è cresciuto un chiodo in fronte e i dottori, dopo un lungo consulto, hanno confermato che in effetti, mi era cresciuto un chiodo in fronte e ci hanno appeso un quadro”. Il signor Krak non può dormire perché di notte un’orda di Unni ha depredato e distrutto il nostro impero e stuprato i nostri buoni frati qualche millennio fa. In effetti è difficile dormire mentre per strada gli Unni cercano di lasciare la loro impronta nella storia. Meglio rapire in versi Jacques Prévert, che avrebbe potuto essere l’alter ego di Tsalapatis, se Tsalapatis fosse mosso anche da buoni sentimenti oltre che da sindrome iconoclasta.
Ogni poesia-racconto aggredisce il luogo comune, la sindrome fobica, la banalità del male, la non notizia della TV, la diceria raccolta al caffé, la stupidaggine sparata nel dibattito. Potrebbe essere il perenne presente storico in cui vivono i greci, specialmente coloro che non conoscono la storia, oppure la mitica Bulgaria da dove un tempo la provincia greca si procurava spogliarelliste, ma ora è il paese in cui Macedoni e Traci delocalizzano le targhe della macchina per risparmiare le tasse di circolazione.
Qualcuno ha voluto collegare il nome del signor Krak a Kafka. Io penso che più facilmente sia ispirato all’omonima droga, in caratteri latini crack. Potrebbe essere un nome onomatopeico che segna la rottura, come suggerisce la traduttrice, oppure l’esplosione di quella grande crisi del capitalismo provocata dalla famosa legge della caduta tendenziale del saggio di profitto. Bisognerebbe chiederlo all’autore stesso che tiene un blog denominato groucho marxism, sottotitolo “Ho visto un sogno bello come la pubblicità”. Là si possono trovare i suoi articoli pubblicati su Efimerida ton Syntakton, un quotidiano cooperativo e su Epohi, il giornale settimanale dell’ala sinistra di Syriza (quella che fatica a digerire la realpolitik).
Nel suo prologo l’autore stesso si preoccupa di ricollegarsi alla grande tradizione poetica del paese: “Scrivere poesia in lingua greca spesso sembra un privilegio.Se consideriamo gli ultimi due secoli di produzione poetica, da Dionisios Solomòs fino a oggi, notiamo che il poeta è portatore di una eredità difficile. Dal passato vede dipanarsi una successione di vette poetiche, una gran mole di creazioni artistiche al più alto livello espressivo. I Premi Nobel Seferis ed Elytis, l’alto valore poetico di Kavafis e di Ritsos per la poesia mondiale del Ventesimo secolo, l’enigma Karouzos e Karyotakis, e altri ancora”.
Dionisios Solomos è un grandissimo poeta delle isole del Mar Ionio, di quella scuola di lingua e cultura italiana, anzi, veneziana, di cui in Italia è noto solo Ugo Foscolo. Grande patriota, Solomos ha scritto l’Inno alla Libertà che per puro caso è diventato l’inno nazionale greco. Non è un caso invece che un sovversivo come Tsalapatis lo citi tra i grandi poeti della nostra cultura. Recentemente è stato rappresentato in un teatro di Atene l’opera di Tsalapatis dedicata a Georgios Karaiskakis. Era un contemporaneo di Solomos, non poeta ma kleftis, un bandito, anche lui, come tanti pari suoi, diventato un rivoluzionario, un capo della rivolta contro gli ottomani.
L’anno prossimo la Grecia festeggerà i 200 anni da quella rivoluzione, l’unica vittoriosa tra i moti europei del 1820 e 1821. E già c’è un durissimo conflitto tra i revisionisti di destra (“La rivoluzione è opera delle potenze protettrici”) e la tradizione rivoluzionaria popolare.
Karaiskakis, Solomos ma anche Lord Byron e Santorre di Santarosa; non sono argomenti di un pacato dibattito tra storici. Questo è un paese in cui si cresce con pane e politica. Questo è un paese che ha vissuto una guerra civile. È una ferita ancora apertissima, sulla quale la destra vittoriosa continua a gettare sale: specialmente quando si vendica, scatenando la polizia per uccidere, ferire, incarcerare, umiliare i giovani, ieri come oggi, impunemente, sfacciatamente, spudoratamente. Una forza di occupazione nel quartiere ribelle di Exarchia, a poche centinaia di metri da Kypseli, dove vive Tsalapatis. Nel cuore di Atene, sotto gli occhi di tutti.
Questa è la generazione di Tsalapatis, una generazione che già prima della feroce crisi economica aveva mille motivi per essere arrabbiata. Giovani senza futuro che nella loro furia ribelle si inventano vivacissimi gruppi musicali, rap, rock, folk, rebetiko, fondano case editrici, stampano riviste, attaccano giornali murali, girano video, fanno teatro, danza, disegnano comics, scrivono sui muri e dipingono murales memorabili che un sindaco analfabeta vuole cancellare. Una generazione che campa con due lire facendo consegne oppure nei call centre e viene calunniata mattina e sera dalle TV degli oligarchi. Eppure nell’Atene della crisi e del post-crisi c’è un fermento culturale inimmaginabile ma invidiabile, spontaneo, diffuso e per sua fortuna ignorato dalle assonnate istituzioni culturali.
Ecco il contesto in cui crea e si muove Tsalapatis, il motivo per cui sente il bisogno di trarre elementi di ispirazione dalla storia patria, in un paese nato da una grande rivoluzione e dove, malgrado tutto, circola tuttora una lingua e una cultura che in fatto di libertà e democrazia forse hanno qualcosa da dire. Magari attraverso una pièce teatrale.

Editore di L'alba è un massacro Signor Krak, Thomas Tsalapatis