TRADUTTORAMA |

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Omicidio a Barcellona - SPECIALE GIALLO
di: AA.VV.
/ editore: Barbès, 2011
traduttore: Ana Ciurans‑Ferrándiz - traduzione dallo spagnolo
Il progetto di tradurre Matar en Barcelona viene da lontano. Avevo letto il libro, pubblicato dalla casa editrice barcellonese
Alpha Decay, attirata dalla sua storia editoriale. Nel 2008, l’amico, scrittore
e giornalista, Jordi Corominas i Julián decise di scommettere sulla qualità letteraria
della cronaca nera con un articolo mensile sulla rivista Bcn Week. Gli articoli della rubrica, Matar en Barcelona appunto, prescindevano del tono formale della prosa giornalistica e tracciavano
una nuova mappatura della Ciudad Condal che a partire dalla sua storia criminale
mostrava una Barcellona lontana dalla facciata da parco tematico per turisti globalizzati.
Questa tendenza era già stata avviata con la pubblicazione di Odio Barcellona, saggio curato da Ana S. Pareja, editor di Alpha Decay e curatrice di questo
titolo per Melusina. Così Matar en Barcelona diventò il sequel di una trilogia fantasma.
Questo da una parte. Da un’altra, benché avessi avuto la soddisfazione di vincere
il premio Bianciardi al miglior progetto di traduzione della sua opera verso una
lingua straniera, e forse anche per questo, la sfida di tradurre verso l’italiano
non mi dava tregua. Disse il filosofo rumeno Émil Cioran: Scrivere in un'altra lingua è un'esperienza terrificante. Si riflette sulle parole,
sullo stile. Quando scrivevo in rumeno, lo facevo senza rendermene conto, scrivevo
e basta. A quel tempo le parole non erano indipendenti da me. Quando mi sono messo
a scrivere in francese, tutte le parole mi si sono imposte alla coscienza (…)
scrivere ha smesso di essere un atto istintivo e ha assunto una dimensione deliberata. Ecco, per me tradurre verso l’italiano, dopo quasi vent’anni di vita in Italia,
significava proprio questo: imporre alla mia coscienza l’atto di tradurre non
istintivamente ma dentro a una dimensione deliberata. In italiano scrivo recensioni
per due magazine, in italiano leggo una media di un libro alla settimana, in sostanza
l’italiano è la mia lingua “letteraria” e quindi il bisogno di tradurre in italiano
era esploso con una tale incombenza da portarmi a cercare un editore. Ho avuto
la fortuna di trovare Tommaso Gurrieri, direttore editoriale di Barbès, la casa
editrice fiorentina, che ha creduto dunque, non solo nella qualità dei racconti
e nella sua particolarità d’insieme ma anche nelle mie capacità come traduttrice,
da questo di vista, un po’ atipica.
Influenzata dalla traduzione di poesia ho affrontato la traduzione dei racconti
di Omicidio a Barcellona non solo dall’aspetto metalinguistico, nel più ampio senso del termine (senza
entrare in diatribe traduttologiche), ma attenendomi molto all’estetica della
scrittura, allo stile di ogni autore come formante parte del “respiro” d’insieme
(di cui parla spesso Franco Buffoni riferendosi alla traduzione poetica, ma non
solo) tra messaggio e prosa, a ciò che si chiama la “voce” dell’autore.
Ma all’intricata storia editoriale del libro si univa la eterogeneità degli autori,
poiché anch’essa aveva seguito percorsi sghembi. Da una parte giovani scrittori,
alcuni dei quali, come il musicista Antonio Luque, Darío Hernando o Mara Faye
Lethem, affrontavano per la prima volta il racconto noir, scavalcando, sperimentando
o sottoponendosi in modo anarchico alle norme del genere. D’altra, maestri del
romanzo noir come Raúl Argemí e Javier Calvo o veterani come Manuel Vilas che
fornivano contrappunti di stabilità agli imprevedibili assoli degli autori punk.
Così al già di suo impegnativo compito di tradurre si è aggiunto quello di rendere
dodici voci diverse dentro allo stesso libro. Senza cadere nel tranello dell’uniformità.
Che dire, una vera sfida…
Sarebbe troppo lungo parlare di ogni racconto ma devo riconoscere che, per cause
diverse, ognuno di essi è stato fonte di gioie e dolori. Il festival delle luci di Javier Calvo, autore che già aveva pubblicato in Italia (ultimo suo titolo
Mondo meraviglioso per Fanucci, tradotto niente meno che da Raul Schenardi che devo ringraziare
per i preziosi consigli) è stato una delle soddisfazioni più grandi. Lo stile
di Calvo, intimamente legato alle sue ambientazioni gotiche a tinte fosche, è
una delle principali caratteristiche della sua scrittura. Rendere la sua voce
senza appesantire il testo a causa della sua tendenza alle ripetizioni non è stato
facile. Ma è valso la pena cercare di incalzare con i segni ortografici laddove
le parole, ripetendosi, rendevano la prosa troppo cantilenante in italiano. Lo
stesso vale, per altri motivi, per Il libraio dell’angelo nero di Raul Argemí, altro autore con titoli tradotti da Raul Schenardi per Voland
e La nuova frontiera che non solo ha nel suo lessico vocaboli argentini ma ha
scritto un racconto con un folto linguaggio settoriale appartenente al libro antico
sul quale ho dovuto fare un’accurata ricerca terminologica. Per Dario Hernando,
autore di Cadavere squisito, il quid terminologico si è incentrato sulla scelta di termini, spesso brutali,
come brutale è l’assassinio che narra, che dovevano essere dosati per non cadere
nella volgarità senza snaturare la sordità voluta dall’autore. Però senza dubbio
il più difficile è stato Mi sento protagonista di Antonio Luque, testo punk e sperimentale che, quasi senza punteggiatura e
con lunghissimi periodi, si articola come una sorta di flusso di coscienza della
protagonista, una ragazza della campagna della Galizia che utilizza spesso parole
appartenenti alla lingua di quella comunità autonoma. La traduzione di questo
racconto ha avuto bisogno di qualche nota di traduzione, che come sappiamo bene
è un po’ un fallimento per il traduttore ma a volte si rende proprio necessaria.
In Mi sento protagonista mi sono anche scostata dal testo senza paura di tradire l’autore, anzi, consapevole
di veicolare appieno la sua voce verso il lettore italiano.
Posso dire che tutti gli autori si sono mostrati disponibili e hanno avuto la
pazienza di sopportare le mie mail con domande che a volte temevo un po’ insistenti.
Grazie anche al revisore che mi ha sostenuto, Fabio Donalisio, Omicidio a Barcellona è pronto per andare in stampa. Spero che il pubblico italiano apprezzi la sua
natura un po’ bastarda, fatta da tanti voci provenienti un po’ da tanti luoghi.
Da tante culture. Da tanti modi di intendere il noir e il racconto. Proprio come
Barcellona stessa.
Ana Ciurans-Ferrándiz
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