Lontano da Odile

Argomento: Romanzo
Pubblicazione: 28 gennaio 2019

Avevo letto alcuni libri di Christian Oster e li avevo trovati deliziosi, per questo quando mi è stato proposto di tradurre prima Dans le train ( In treno, ed. Nottetempo) e poi Loin d'Odile (Lontano da Odile, ed. Nottempo) ho accettato con piacere. Vivisezionando i due libri, operazione necessaria prima di cominciare una traduzione, ho avuto conferma dell'impressione che ne avevo ricavato alla lettura. Ovvio, potrebbe dire chi non è abituato a vedere un testo con l'occhio del traduttore, ma, se per Vincenzo Mantovani "il traduttore vede l'autore in mutande", per me il traduttore collauda la solidità e l'equilibrio del testo e la cifra che lo sottende, cosa che per il lettore, di solito avviene solo a livello inconscio.

Come procede dunque Oster? Forse per fare uno sberleffo al minimalismo, si compiace di trattare storie minuscole o comunque normali con un fraseggio e uno stile di solito riservato a dissertazioni filosofiche o dotte. Quello che si fa con un concetto difficile, cioè enunciarlo e poi procedere per tappe alla sua spiegazione, lui lo fa quando parla di situazioni o avvenimenti banali,servendosi inoltre di termini tecnici e di innumerevoli incisi, quasi a voler perfezionare e puntualizzare il ragionamento o la descrizione, ottenendo così un effetto paradossale che fa spesso sorridere e qualche volta strappa una risata.

Alcuni esempi: l'io narrante, anche per sfuggire all'ossessionante presenza di una mosca, da lui chiamata Odile, entrata inopinatamente in casa sua in pieno mese di novembre, accetta di accompagnare una coppia di amici a passare una settimana sulla neve. Nello chalet che hanno preso in affitto, una camera, di solito destinata ai bambini, è per lui. "C'erano quattro letti, due dei quali raggiungibili con una scaletta, avevo scelto il primo in basso, a sinistra entrando, ma prima di infilarmici, esitai. Guardai il letto di destra in basso. Lungi da me infatti l'idea di andare a rifarmi il letto lassù dove avrei assecondato la mia attrazione per il vuoto, comunemente chiamata vertigine. Non esitai dunque tra quattro letti, ma tra i due in basso, di destra e di sinistra."

E quando, con gli scarponi ai piedi tenta di raggiungere gli impianti di risalita dice la prospettiva di mettersi gli sci, a questo punto, benché non venga vissuta, riguardo ai piedi, come l'annuncio di una liberazione, è considerata tuttavia una riduzione di pena. Ed è interessante osservare che, in questa particolare disciplina, più si procede nella bardatura, più si va verso il sollievo.

Però la mosca, da lontano, continua a ossessionarlo: "avrebbe potuto benissimo essere morta. Appunto, pensai, ecco, ecco di cosa hai bisogno per calmarti. Se Odile è morta, non è più come se fosse assente. Una mosca morta non è un'assenza, è niente, non conta. E, calcolai ad occhio e croce, c'è qualche possibilità che Odile sia morta, adesso."

Qual è in questo caso il compito del traduttore? dato che le insistenze, gli incisi, le ripetizioni, che sono poi a ben guardare delle riprese, possono suonare all'orecchio del lettore italiano più pesanti e forzate di quanto non appaiano in francese, il traduttore deve intervenire, pur rispettando in pieno lo stile la cifra dell'autore, operando qua e là degli alleggerimenti, solo così l'impressione di chi legge la traduzione sarà simile all'impressione ricavata da chi legge il testo originale. Unico metro, secondo me, per giudicare il valore di una traduzione.