Litania di un arbitro

Argomento: Romanzo
Pubblicazione: 27 febbraio 2019

Thomas Brussig è una brutta gatta da pelare. Io e Nikola Harsch, già mia compagna di merende traduttorie, ce ne siamo accorte subito quando la neonata casa editrice 66thand2nd ci ha proposto di tradurre "Schiedsrichter Fertig. Eine Litanie". Se da una parte il testo aveva il vantaggio di essere molto breve, dall’altra sciorinava in bella mostra una teoria di complessità lessicali, giochi di parole, allusioni e ripetizioni ossessive, riferimenti storici evanescenti e soprattutto riferimenti al mondo calcistico tedesco che avrebbero richiesto uno studio dedicato. Sono bastati dieci giorni per capire che urgevano drastiche decisioni. Le prime battaglie perse. Partiamo dal titolo: "Schiedsrichter Fertig. Eine Litanie""Arbitro Fertig. Una litania". Fertig è il cognome dell’arbitro tedesco, voce narrante del libro, un uomo addolorato dalla perdita della donna amata e infuriato contro tutti e tutto – il mondo dei media che distorce la realtà e inebetisce la gente, i tifosi che tendono a idolatrare i calciatori e ridicolizzare e condannare la categoria degli arbitri, i chirurghi, corrispettivo dell’arbitro in sala operatoria, che “si pavoneggiano per la loro bravura” invece di sottolineare l’assoluta centralità del paziente… –, che abbiamo preferito sacrificare nella traduzione italiana e trasformare nel fluido "Litania di un arbitro".

Oltre che sul rettangolo di gioco, Uwe Fertig lavora nella sua agenzia di assicurazione chiamata C’è vita per tutti (“Alle Leben”), e in apertura di romanzo Brussig lo presenta, con sagace ironia e ambiguità che abbiamo cercato di riprodurre in italiano, in un doppio ruolo mentre esce dal tribunale dove compare “sia come querelante sia per conto dell’imputato in un processo che avrei vinto e perso contemporaneamente […]. Stare da entrambe le parti non è come non stare da nessuna parte, […]. Non sono capace di stare da entrambe le parti, […], mentre nel non-stare-da-nessuna-parte mi sono fatto un nome. Non stare da nessuna parte, essere imparziale, e per di più ad alti livelli, richiede talento”.

Nel suo serrato monologo Fertig se la prende con la televisione che non fa altro che veicolare l’opinione della gente e costruire servizi con il chiacchiericcio del bar: “Non c’è nessun altro posto al mondo in cui si dicono così tante stupidaggini come in un bar in presenza di telecamere. Non c’è nulla di più stupido della cosiddetta opinione comune, ma è sempre la più stupida delle opinioni comuni a essere catturata dalle telecamere, e sempre in un bar”. In realtà Brussig non parla di “opinioni da bar” ma di “opinioni da stazione di servizio” (“Tankstellenmeinungen”), che in italiano avrebbe avuto poco senso, e abbiamo preferito rendere la situazione più adeguata al nostro paese scegliendo uno dei templi più popolari per le discussioni calcistiche, il bar.

Nel corso dell’invettiva, inoltre, Fertig fa riferimento alle interviste che è costretto a subire a fine partita (“un arbitro adempie al proprio dovere, e a partita finita ci dovrebbero vietare di commentare o addirittura giustificare le nostre decisioni dal momento che, se ho fischiato, ogni domanda è superflua”). In Italia non è chiaramente così. Scartata l’idea della nota a piè di pagina, per altro invisa dall’autore, abbiamo optato per una nota di traduzione a fine testo. Insomma, alla fine, tradurre Brussig in italiano è stato entusiasmante, e crediamo che suoni quasi allo stesso modo.