Il correttore

Argomento: Romanzo
Pubblicazione: 2 marzo 2019

Il correttore racconta le prime sedici ore dopo l’attentato di Madrid nel 2004. Il punto di vista è quello di Vladimir, un uomo che corregge errori di scrittura per lavoro e non potrà mai correggere l’errore spaventoso che un attentato introduce nella trama del mondo. Nella sua casa di fronte al mare, trattiene il fiato. Nel pronto soccorso ideale che allestisce per sé e per le persone amate, ogni riflessione è stringata e urgente, incalzata dalla pressione della realtà.

Per la gioia del traduttore, la tensione linguistica non cala mai. È un libro fatto quasi esclusivamente di frasi memorabili. È come scalare una vetta dietro l’altra risparmiandosi la pioggia, lo zaino, la marcia di avvicinamento. C’è tuttavia una ragione in più per cui vale la pena di parlare della traduzione di questo libro. Nel momento in cui scoppiano le bombe Vladimir sta correggendo le bozze dei Demoni di Dostoevskij. Il riferimento è denso di implicazioni e si intreccia profondamente con la narrazione. Salmón riporta un passo dei Demoni, per dimostrare che ciò che rende immortale uno scrittore è la capacità di essere geniale anche in passaggi secondari. In particolare, Salmón cita una frase, quando Stepàn Trofímovič si mette in viaggio, e Dostoevskij dice che l’idea del viaggio, della strada, è come un sogno, come la vita umana. Ma c’è qualcosa nel viaggio, che spezza l’incanto del sogno, riportandolo alla più prosaica realtà. Qualcosa che il traduttore spagnolo di Dostoevskij chiama «contrattare cavalli di cambio». Questa immagine, «contrattare cavalli di cambio», ha un effetto fulminante sul protagonista del Correttore. È un’immagine da scrittore immortale, dice Vladimir, «ti assale come un ladro e ti porta via anche il respiro». Dall’istante in cui la legge, Vladimir non vede altro che cavalli. Cavalli che ruminano gerani sul balcone di fronte, cavalli da tiro in cortile; il suo letto è intriso di sudore di cavalli. La forza dell’immagine lo travolge al punto da farlo affondare in un sonno profondo.

Cerco il passo in questione sulle traduzioni italiane dei Demoni per prelevare la traduzione e citare la fonte: consulto le versioni di Alfredo Polledro per Einaudi, Gianlorenzo Pacini per Feltrinelli. Dei cavalli, nessuna traccia. A interrompere l’idea romantica del viaggio è il «foglio di viaggio», il «documento di vettura».

Non conosco il russo e, incuriosita, vado a controllare le traduzioni francese e tedesca di quel passo. In entrambi i casi si parla di «documenti di viaggio», mai di «cavalli di cambio».

Chiedo infine ai miei amici che sanno il russo, e ricevo la conferma definitiva: Dostoevskij si è riferito a «documenti di viaggio» e non a «cavalli di cambio». L’immagine che tanto ha colpito Salmón è frutto della fantasia del traduttore spagnolo, che ha trasformato un concetto razionale e simbolico in un’immagine potentemente fisica e visiva. Mi sono inchinata, dunque, per non perdere un quadro essenziale nel romanzo di Salmón, all’estro del traduttore spagnolo, Juan López-Morillas, e ho contaminato anche la traduzione italiana del passo dei Demoni con «froge di cavallo fumanti», rendendo un silenzioso omaggio al collega al di là dei Pirenei e a tutti i traduttori.

Perché Salmón, leggendo Dostoevskij, leggeva anche il suo traduttore; l’immagine che lo lasciava senza fiato, era in realtà di Juan López Morillas. Sembrava un rapporto a due, invece erano in tre; poi siamo stati almeno in cinque in quel felice crocicchio tra le strade infinite del senso.