La misura del mondo

Argomento: Romanzo
Pubblicazione: 5 febbraio 2019

Consiglio assolutamente Daniel Kehlmann. Intelligenza, spirito di osservazione e favolosi dialoghi! (Marcel Reich Ranicki) Quando il più importante e spietato critico tedesco elogia così un autore, viene quantomeno la curiosità di leggerlo; e una volta iniziato diventa intollerabile smettere per non perdere quel senso di sagace serenità che emana dalle sue pagine.

La misura del mondo è un romanzo dalla struttura speculare: da un lato si narrano le vicende dell'inguaribile viaggiatore Alexander von Humboldt, lo scopritore scientifico dell'America Latina, dall'altro quelle del petulante stanziale Carl Friederich Gauß, uno dei più importanti matematici di tutti i tempi. Misogino l'uno, dongiovanni l'altro, conservatore l'uno, progressista l'altro, sempre in giro per il mondo l'uno, abbarbicato in Germania l'altro, le loro storie si incrociano durante un congresso di scienziati che si tiene a Berlino, in cui nasce un'improbabile amicizia.

Non è questo però l'unico motivo conduttore del racconto; quello che tiene inchiodati alle pagine è l'interesse per le loro scoperte e avventure del pensiero, la grandiosità dei due geni, presentati come uomini normali con tic, manie, affetti, dolori, come geni umani, troppo umani, simpaticissimi anche quando sono insopportabili. Leggere questo romanzo è una gioia; come ha detto qualcuno a una lettura pubblica, le pagine sembrano illuminate dal sorriso degli dèi, e tradurre un libro che si è amato tanto è un piacere ancora più grande; ma molto più complesso di quanto avevo pensato quando ho cominciato a confrontarmi con il tedesco di Kehlmann, una lingua plastica, lineare, ma sorprendente, ammiccante e furba. Innanzitutto, come rendere quel maledetto discorso indiretto che pervade lo stile, quel congiuntivo che non ha nessun equivalente italiano che ne copra tutto lo spettro semantico? In secondo luogo, come avrei fatto con la terminologia scientifica?, e con tutte le citazioni nascoste? Infine, come fare a contagiare il lettore italiano con il sorriso che aveva accompagnato la mia scoperta di quelle pagine?

C'era bisogno di un aiuto, e chi meglio di colui che quelle pagine aveva scritto? Ho cominciato a leggere interviste e articoli, sembrava proprio una persona simpatica, intelligente e disponibile, così gli ho mandato un'e-mail. Ho chiesto consigli, chiarimenti e lui mi ha risposto sempre con solerzia, garbo e profondo rispetto del mio lavoro, risolvendo ogni volta i dubbi e sciogliendo le ambiguità. Ricordo le prime lettere che si concludevano sempre con un saluto da una Vienna innevata ed è stato bello quando le ultime domande ho potuto fargliele di persona, proprio in un antico caffè di quella città imbiancata.

Nel frattempo avevo fatto leggere alcuni passaggi a un poeta e a una germanista, per verificare l'effetto del mio italiano. Al ritorno dall'Austria, il testo era finalmente pronto per essere consegnato e passato al vaglio del revisore e della redattrice, preziosi come gli altri lettori: abbiamo discusso, ho avuto la possibilità di rivedere le mie scelte o di difenderle, e di correggere gli errori (chiaramente senza poter garantire che non ce ne siano ma, non è la solita retorica, di quelli la colpa è davvero solo mia). Così, le difficoltà si sono appianate, per il discorso indiretto ho scelto soluzioni diverse a seconda dei contesti, privilegiando sempre l'ironia e la fluidità; il problema della terminologia scientifica si è rivelato un falso problema, non era necessaria alcuna velleità specialistica, è bastata qualche piacevole settimana in biblioteca, ma è stato divertente scoprire le scoperte di questi due geni e tuffarmi un po' nel loro mondo. Altrettanto divertente era smascherare le citazioni nascoste, qualche volta grazie a suggerimenti che rendevano il gioco non del tutto leale. Resta l'ultima domanda, a cui forse non avrò risposta, se non guardando i lettori con il libro in mano. Spero davvero di aver contribuito a contagiare il sorriso stampato sulle mie labbra mentre leggevo Die Vermessung der Welt. Sarebbe sufficiente a dimenticare tutte le difficoltà e a ricompensare ogni fatica.