
PERSONAGGIO
Intervista a Vanni Bianconi, direttore artistico di Babel Festival
Babel Festival, il festival letterario di Bellinzona, si terrà quest’anno dall’11 al 14 di
settembre con una programmazione che mette in scena la letteratura delle Antille e quest’anno gli ospiti rappresentano un ventaglio ricco di influssi linguistici
- spagnolo, inglese, olandese, portoghese, hindi, cinese, varietà di patois e
creoli. Possiamo già pensare a un’edizione che attraversa i confini?
L’attraversamento dei confini è una metafora centrale per Babel in particolare, e per la traduzione letteraria
in generale. Nel caso di questa edizione caraibica del festival, l’attraversamento
più inusuale e necessario è quello del mare, il Mare dei Caraibi che divide le
varie isole: prima di superare i confini, in questo caso è necessario avvicinarli,
renderli percepibili. Nelle isole caraibiche sono molti gli scrittori che sanno
appropriarsi delle lingue e delle culture conquistate attraverso secoli di sfruttamento
e sopruso (il "bottino di guerra") per piegarle alle loro necessità, per esempio
contaminando le lingue standard con elementi (lessicali, sintattici, tonali) del
creolo o delle parlate locali, con esiti espressivi straordinari. Questo è uno
dei motivi per i quali questa edizione del festival segue quella dedicata alla
francofonia africana, in cui il francese standard viene "rispettato" molto di
più. Ma malgrado questo sia un elemento che lega le varie isole dei Caraibi, a
livello letterario tra le isole non vi è quasi comunicazione, e in particolare
tra le isole di lingue diverse, dato che mancano le case editrici, le traduzioni,
le distribuzioni che permettano ai vicini di leggersi reciprocamente.
Molti degli scrittori invitati, e degli operatori culturali caraibici che saranno
presenti al festival, hanno espresso curiosità e gratitudine per questa occasione
di incontro e di confronto.
Per quanti ancora non lo conoscono, come descriveresti Babel Festival?
Babel è il festival letterario centrato sulla traduzione, sia in senso stretto
– scrittori che hanno uno stretto rapporto con più lingue o più culture a dialogo
con i loro traduttori italiani, laboratori di traduzione, traduzioni tra le arti
e pubblicazione di libri – sia come metafora di ospitalità linguistica, attraversamento
e incontro. Ogni anno Babel invita una lingua ospite, e questa si presenta sotto
forma di scrittori, artisti, musicisti e traduttori: l’ungherese, le lingue balcaniche, gli inglesi uniti d’America, il russo, lo spagnolo messicano, le lingue della palestina, il polacco, il francese d’Africa e le lingue delle Antille, con ospiti come Derek Walcott, Amitav Ghosh, Mourid Barghouthi, Adam Zagajewski,
Ismail Kadaré, Jamaica Kincaid, Ljudmila Ulickaja, Ruben Gallego, Paco Ignacio
Taibo II, The Tiger Lillies, West-Eastern Divan Orchestra e András Keller. Accanto
alla programmazione letteraria, denominata «La parola oltre i confini», con «Oltre i confini della parola» Babel estende la sua ricerca agli altri linguaggi artistici. Completano il festival
il Settore ricerca, Scuole, extraBabel, infraBabel.
Babel Festival dedica delle pubblicazioni alle letterature e agli scrittori in
rassegna?
Sì, e questa è una delle dimensioni del festival in costante sviluppo, e che
ci sembra di grande importanza. Da un lato, per scegliere le tematiche e gli scrittori
più significativi per la cultura ospite si fa ogni anno un enorme lavoro di ricerca,
che può essere sfruttato al di là dei quattro giorni del festival. E dall’altro,
al momento può essere più facile finanziare un evento che un progetto editoriale.
Se a questo si aggiunge l’ampia rete di contatti e collaborazioni intessuta negli
anni, si arriva alla conclusione naturale che un evento come Babel può e deve
travalicare i limiti del festival, e impegnarsi a creare contenuti che rimangono,
che siano libri, articoli, video, rubriche, ecc. Ed è quello che facciamo, pubblicando
ogni anno diversi libri in collaborazione con case editrici svizzere, italiane
e internazionali, e curando uscite su vari media, per esempio la rubrica Babel su Doppiozero. In queste sedi, si pubblicano libri degli autori presenti al festival, ma anche
riflessioni sulle culture ospiti in generale e sulla traduzione.
Per quanto riguarda gli scrittori, alcuni sono già molto noti mentre altri pur
essendo noti nel loro paese sono quasi sconosciuti da noi, è un obiettivo del
festival promuovere questi autori all’estero?
Negli ultimi anni, l’edizione polacca dedicata alla non-fiction, e soprattutto
quella dedicata alla francofonia africana, in cui sono stati invitati soltanto
scrittori giovani e molto giovani (perché l’elemento generazionale svolge un ruolo
importante nella produzione letteraria dei giovani paesi africani), e quella caraibica,
sono stati invitati quasi solo scrittori poco conosciuti in Italia. Ogni anno
questa scelta è stata fatta per motivi diversi, legati al taglio dato alla singola
edizione, ma probabilmente affonda nella tendenza a cercare di mostrare quello
che sta accadendo con maggiore urgenza nel paese ospite, e che quindi urta gli
stereotipi che facilitano l’esportazione di prodotti di una cultura lontana.
Quest’anno, tra le varie pubblicazioni, segnalo l’antologia che riunisce racconti
di tutti gli scrittori invitati, Asimmetrici arcipelaghi per Cascio editore, e il libro di viaggio di Matteo Campagnoli e Stefano Graziani
per Humboldt/Quodlibet: www.babelfestival.com/babel2014/infrababel
Babel Festival dedica particolare attenzione alla traduzione letteraria, ha quindi
anche l’obiettivo di promuovere la figura del traduttore?
Sì, certo, in vari modi, dalla presenza dei traduttori sul palco, in dialogo
con gli autori tradotti (che garantisce un affondo nel testo difficile da raggiungere
in dialogo con giornalisti o accademici o professionisti dell’intervista), all’attenzione
ai traduttori nelle pubblicazioni, ai laboratori e simposi dedicati alla traduzione
letteraria, al fondo Babel presso la Biblioteca di Bellinzona, all’istituzione
di un premio per traduttori letterari under 35, che vuole aiutare chi si lancia
in questa bella e difficile carriera.
Babel Festival è un evento molto atteso a Bellinzona, in questi anni ha portato
dei vantaggi anche al territorio?
Certo, in molti modi, portando scrittori meravigliosi, da tutto il mondo, che
di anno in anno cercano di portare una visione della loro cultura e del loro lavoro
di scrittura; formando giovani traduttori, ma anche operatori culturali, che si
sono formati a Babel; portando l’attenzione dei media nazionali e internazionali
sulla regione; portando avanti un’idea di cultura e di ricerca che continua a
generare senso e a espandersi con collaborazioni e riconoscimenti in Svizzera
e all’estero.
Babel Festival svolge altre attività durante il resto dell’anno?
Oltre al lavoro di ricerca c’è il programma extraBabel che porta scrittori e
traduttori in centri culturali svizzeri e italiani, crea residenze per scrittori
e traduttori, organizza programmi per le scuole del cantone Ticino.
Qual è l’incontro di questa edizione a cui tenete di più?
È sempre la domanda piu’ difficile, e in un’edizione varia e eterogenea come
questa lo è ancora di più. Sicuramente due grandissimi scrittori come Chamoiseau
e Lovelace, che proprio grazie al loro lavoro sul francese e sull’inglese sanno
dare risonanza universale alle dimensioni più locali e marginali delle loro isole,
ma anche giovani scrittrici come la rock star Rita Indiana e Elizabeth Walcott-Hackshaw,
o lo scrittore di Haiti Lyonel Trouillot o il concerto di calypso! di David Rudder.
Oltre alla letteratura Babel dedica attenzione anche ad altre espressioni artistiche,
cosa c’è in rassegna quest’anno?
Appunto il concerto, uno dei più grandi calypsonian viventi, David Rudder, ripercorrerà
la storia di uno dei generi musicali più straordinari, ribelli, divertiti e narrativi,
il calypso. Genere che ormai si è trasformato e non esiste più, ma come accade
nei Caraibi è stato trasformato, riutilizzato, rivenduto e continua a far ancheggiare
l’intelligenza e a illuminare di idee il corpo. Per Babel, Rudder eseguirà una
personale storia del calypso, dalle origini alle sue composizioni più recenti.
Sono previsti anche dei momenti di didattica attraverso dei workshop?
Sì, come ogni anno ci saranno i workshop di traduzione letteraria, tenuti da
alcune tra le migliori traduttrici italiane (quest’anno Franca Cavagnoli e Yasmina
Melaouah), e che danno la possibilità di lavorare con gli autori tradotti.
Dori Agrosì
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